Storia degli Alpini
di Roberto De Negri (Colonnello degli Alpini in congedo, iscritto al Gruppo di Prato)
Gia l’imperatore Augusto aveva capito che la guerra in ambiente montano doveva essere condotta da reparti speciali e aveva costituito tre legioni alpini (1°, 2° e 3° Legio Alpina Julia).
Anche i Re di Savoia e la Repubblica di Venezia si avvalsero di reparti particolarmente idonei al combattimento in montagna, reclutando il personale tra i montanari piemontesi, friulani e cadornini, ottenendo eccellenti risultati.
A seguito dell’unificazione dell’Italia (1861) e dell’annessione del Veneto e parte dell’attuale Friuli (1861), il giovane Stato si trovo ad avere quasi tutti i confini in zone prettamente alpine. Il Capitano Giuseppe Domenico Perrucchtti, insegnante di geografia militare presso la scuola di Guerra di Torino, propose la creazione di reparti speciali, reclutati sul posto per la difesa dei valichi e delle valli.
L’idea, come tutte le novità, fu subito avversata, anche per motivi finanziari. Fortunatamente il Ministro della Guerra, Generale Ricotti Montignani, era un appassionato di montagna e comprese l’importanza della proposta. Dati i cronici problemi di bilancio, il ministro dovette ricorrere ad una scappatoia; cosi nel decreto reale che prevedeva la riorganizzazione dei Distretti Militari, stabili che i quindici Distretti situati in zone alpine avessero in organico anche una compagnia reclutata sul posto e da addestrare per la guerra di montagna. Era il 15 ottobre 1872 ed alla chetichella nascevano gli Alpini.
Nel 1873 le prime 15 compagnie furono portate a 24, nel 1875 si costituirono i primi Battaglioni e nel 1882 i primi sei Reggimenti. Contestualmente i Battaglioni assunsero il nome della zona di reclutamento al posto del numero e adottavano le nappine con il colore distintivo (bianco, rosso, verde).
Sorse anche l’esigenza di avere reparti di artiglieria in grado di fornire un adeguato sostegno di fuoco agli Alpini impegnati in terreni montani, per cui, nel settembre del 1877, furono creati i primi reparti di Artiglieria da montagna.
Da allora, cementati dalle lotte, dall’ambiente e soprattutto dallo spirito comune, Alpini e Artiglieri da montagna hanno realizzato una indissolubile fratellanza, tuttora elemento fondamentale delle Unita Alpine.
Creati per combattere sulle Alpi, gli Alpini sostennero il loro primo combattimento in Africa. Nella tragica battaglia di Adua, il 1° marzo 1896, il Battaglione “Alpini d’Africa” ebbe oltre 400 caduti su 550 effettivi. Caddero anche il Comandante Ten. Col. Menini ed il Capitano Cella, prima medaglia d’oro degli Alpini.
Nel 1906 i reparti alpini (Btg. Morbegno) sperimentarono per primi la divisa grigio-verde ed il cappello rigido fu sostituito da quello floscio, simile all’attuale.
Nell’autunno del 1911, l’Italia intraprese la conquista della Libia e gli Alpini tornarono in Africa. Quella che era ritenuta una breve campagna coloniale si rivelo invece una dura e lunga lotta per sottomettere le popolazioni insorte. Si rese necessario, negli anni 1912 e 1913, impiegare numerosi battaglioni Alpini (Fenestrelle, Saluzzo, Mondovi, Susa, Ivrea, Verona, Feltre, Tolmezzo, Edolo, Venzone), nonché diversi gruppi di Artiglieria da montagna (Susa, Mondovi). In Libia rifulse la figura del Colonnello Antonio Cantore, Comandante dell’8° Reggimento Alpini, destinato a diventare una leggenda dopo la sua morte sulle Tofane.
Al rientro dei reparti Alpini dalla Libia, gia incombeva sull’Europa una lugubre atmosfera di guerra che esplose nell’estate 1914.
Il 24 maggio 1915 anche l’Italia entro in guerra contro l’Impero austro-ungarico. I battaglioni Alpini mobilitati erano 52 e arrivarono successivamente a 88.
Impossibile narrare gli episodi del valore profuso, le sofferenze ed i disagi sopportati in un ambiente ove la lotta contro gli elementi naturali era talvolta piu dura del combattimento. I nomi dell’Adamello, delle Tofane, del monte Cauriol, del Pasubio, del Lagazuoi, del tragico Ortigara, del monte Rombon, del monte Nero, del Vodice, del Grappa, resteranno per sempre nella storia degli Alpini e nelle loro canzoni.
25.000 caduti, 77.000 feriti, 18.000 dispersi rappresentano l’olocausto per il decisivo contributo dato alla guerra vittoriosa dal Corpo degli Alpini.
Nel 1935, per la terza volta in meno di 40 anni, gli Alpini tornano in Africa. Inizialmente il gruppo artiglieria d montagna “Susa” ed il battaglione “Saluzzo”; poi, all’inizio del 1936 la Divisione Alpina “Pusteria”, costituita per l’esigenza con reparti di varie unita: battaglione Pieve di Teco del 1°, Saluzzo del 2°, Exilles del 3°, Intra del 4°, Trento del 6°, Feltre del 7°, gruppi artiglieria da montagna Belluno e Lanzo.
L’Amba Aradam, il passo Uarieu, il passo Mecam, Mai Ceu videro le gesta vittoriose dei nostri Alpini. Nel 1937 la “Pusteria” rientro in Italia.
Il 10 giugno 1940 l’Italia entro in guerra. I combattimenti sul fronte francese durarono pochi giorni, ma si svolsero su un terreno impervio, potentemente fortificato dai francesi, in condizioni climatiche estremamente avverse.
Parteciparono alla campagna le Divisioni Taurinense, Pusteria, Tridentina e Cuneense. La Julia era gia dislocata in Grecia dal 1939.
Il 28 ottobre 1940 iniziarono le operazioni contro la Grecia. Prima la Divisione Julia e successivamente la Pusteria, la Tridentina e la Cuneense scrissero tragiche pagine di eroismo e di sangue in condizioni di terreno e di clima terribili. Il durissimo inverno sui monti della Grecia e dell’Albania aggiunse migliaia di congelati ai caduti ed ai feriti.
Il Topoianit, lo Scindeli, il Golico videro ancora una volta il valore delle penne nere, sempre ligi al dovere, anche in una guerra assurda.
Successivamente, la Cuneense fu impegnata contro la Jugoslavia, ove intervennero anche, nella durissima lotta antiguerriglia, la Pusteria e la Taurinense. Quest’ultima resterà fino all’armistizio dell’8 settembre 1943. La Pusteria sarà trasferita a presidio dell’Alta Savoia, la Alpi Graie nella zona di La Spezia, fino all’armistizio.
Nell’estate del 1942, le Divisioni Julia, Tridentina e Cuneense costituirono il Corpo d’Armata Alpino e furono inviate in Russia. Il loro impiego era previsto sul Caucaso, ma l’andamento delle operazioni sul fronte russo li fece dirottare sul Don.
La grande offensiva russa iniziata alla fine del 1942 non riuscì a infrangere la resistenza degli Alpini, ma il cedimento delle unita laterali provoco, nel gennaio 1943, l’accerchiamento russo, la Julia e soprattutto la Cuneense, furono pressoché distrutte.
La Tridentina riusci a mantenere la propria capacita operativa e fu l’artefice dell’ultimo, sanguinoso sfondamento a Nilolajewka.
Nella primavera del 1943, i resti del Corpo d’Armata Alpino rientrarono in Italia.
Dopo l’8 settembre i reparti alpini, nonostante vani tentativi di resistenza, furono coinvolti nello sfacelo dell’apparato politico-militare. Ma già dopo pochi mesi si ricostruirono nell’Italia del Sud i battaglioni M.Granero (poi Piemonte) e L’Aquila, che parteciparono a tutte le campagne d’Italia, suscitando, pur in una difficilissima situazione morale, l’ammirazione degli Alleati.
Nel dopoguerra furono ricostruiti, a livello di brigata, la Taurinense, la Tridentina e la Julia, oltre alle nuove brigate Orobica e Cadore.
Gli Alpini hanno continuato ad essere presenti e preziosi in tutte le variegate esigenze nazionali, dal servizio di ordine pubblico in Alto Adige, alla calamita del Vajont, ai terremoti del Friuli, della Campania e della Basilicata.
Sono stati e sono tuttora impiegati in operazioni internazionali per il mantenimento della pace (Mozambico, ex Jugoslavia, Albania, ecc.).
La ristrutturazione delle Forze Armate ha purtroppo portato ad un forte ridimensionamento dei reparti Alpini.
Gia sono state sciolte le brigate Orobica e Cadore.
L’abolizione della leva obbligatoria sconvolgerà a breve termine il reclutamento regionale.
Per noi tutti resta il dovere di impegnarci perché l’ineguagliabile patrimonio di eroismo, di solidarietà e di umanità non vada disperso.